Il termine “centratura” si incontra spesso in tema di crescita personale ma nasce in altri ambiti.
La centratura è, infatti, un’operazione che in ambito tecnico
riguarda quegli utensili con lavoro circolare e consiste nell’operazione con la quale il pezzo viene fissato in modo che il suo asse coincida esattamente con l’asse di rotazione della macchina (definizione Treccani).
Nell’ottica è un’operazione che consiste nell’allineare “i centri delle lenti in un obiettivo nella retta che ne costituisce l’asse ottico” e, ancora, nella pratica fotografica, è l’operazione per cui la parte più interessante di un’immagine viene posta al centro (Hoepli).
La centratura, quindi, è qualcosa che ha a che fare con una misurazione precisa e “raffinata”. Quando si ha la centratura il meccanismo è in asse e funziona perfettamente.
La centratura dal punto di vista tecnico è qualcosa da ricercare con cura e perizia.
A questo punto cosa significa la centratura quando viene nominata in ambito individuale?
La centratura individuale
Abbiamo capito che nella tecnologia, dove è nato questo termine, la centratura viene effettuata con riferimento ad un fulcro, ad un punto di riferimento.
Quando parliamo di centratura nell’ambito umano a quale centro ci stiamo riferendo?
Detto molto semplicemente, il centro in questo caso siamo noi, o meglio, la nostra individualità e il nostro modo più autentico di essere. Essere centrati, in un certo senso, significa avere una sorta di bilanciamento interiore, un punto di riferimento che richiama un concetto di stabilità ed equilibrio.
La centratura si traduce nella capacità di non essere trasportati come una foglia dal vento né sballottati come una piccola imbarcazione tra i flutti di un mare agitato.
La centratura non è una “cosa” o una “pratica ma, piuttosto, è una condizione, uno stato vissuto dall’individuo che gli conferisce solidità. La centratura consente di avere un orientamento ad un obiettivo, un punto di riferimento nel nostro essere e nel nostro fare.
Ma se questa è la centratura, che cos’è che la impedisce o la rende difficoltosa?
Far germogliare il seme
Nel processo di centratura, ciò che sposta l’attenzione dal centro è, inevitabilmente, l’interazione con l’ambiente esterno e l’esposizione a ciò che accade intorno a noi.
Questo può essere a livello personale (relazioni, lavoro, eventi) ma anche a livello più ampio, sociale (vedi anche le difficoltà legate in questi ultimi periodi agli eventi covid-19).
Tutte le cose che accadono intorno a noi in un certo senso ci “contaminano” nel bene e nel male.
Entrano dentro di noi in modo inconscio e in un qualche modo spostano il nostro baricentro ovvero, appunto, interferiscono con la nostra centratura.
E questo non avviene solo in condizioni di emergenza e in episodi circoscritti. A volte questa contaminazione e questo spostamento dal nostro centro si ha fin dalle prime fasi della nostra vita.
Il contesto che ci accoglie alla nascita rappresenta, infatti, qualcosa che inevitabilmente ci condiziona, seppure in un clima di amore incondizionato e profondo.
Alla nascita troviamo aspettative da esaudire e bisogni impliciti da soddisfare. Non sempre tutto questo è esplicito ma quasi sempre tutto questo guida le nostre scelte. Le nostre azioni e, in altri casi, la nostra immobilità.
In questa situazione non è sempre facile restare “in se stessi”.
La medicina cinese ci insegna che ognuno di noi ha un “seme” autentico da far germogliare. I propri talenti da sviluppare, la propria strada da seguire, il proprio mandato.
Far germogliare il seme e far crescere questa pianta alimentandola ogni giorno rende la nostra vita appagante, ci fa sentire connessi.
Quando non siamo centrati
Se quando siamo centrati percepiamo la nostra vita come appagante e ci sentiamo connessi, come ci sentiamo quando non siamo centrati?
In assenza di centratura tenderemo a sentirci in preda a sentimenti di paura, angoscia, ansia. Ci sentiremo in balia delle sollecitazioni esterne. Avremo sentimenti di fragilità e impotenza. Non avvertiremo alcuna connessione tra i nostri stati di coscienza e l’ambiente esterno.
Il nostro corpo e la nostra mente saranno iper-reattive agli stimoli esterni e manifesteranno questa iper-reattività con fastidi, lamentele, tic nervosi o dolori nel corpo di vario tipo.
Tenderemo, quindi, a preferire una zona di comfort, quindi la ripetizione di una routine rassicurante piuttosto che affrontare un faticoso cambiamento di prospettiva o addirittura un cambiamento di stile di vita.
Ma soprattutto, non ci sentiremo connessi con noi stessi.
Ma come possiamo centrarci?
Il primo passo per lavorare sulla propria centratura è quello di lavorare sulla propria consapevolezza.
L’osservazione consapevole rappresenta, quindi lo strumento principale per comprendere i meccanismi inconsci nella nostra vita.
Oltre all’osservazione consapevole è indispensabile predisporsi all’ascolto di sé. Un ascolto gentile, rispettoso e non giudicante. Semplicemente torniamo a chiederci: chi siamo? Cosa ci piaceva fare da bambini? Stiamo sul nostro sentiero o su quello che qualcun altro ha scelto per noi?
Quante azioni facciamo durante la giornata, guidati da meccanismi automatici, senza comprenderne fino in fondo il senso e il significato?
Ricordi la scena di Charlie Chaplin in tempi moderni?
Quanto siamo a volte in questa dinamica e quanto, invece, controlliamo le nostre azioni e il fine per il quale le eseguiamo?
Porta l’attenzione a te stesso/a. Torna al centro
Come stai? In che posizione è il tuo corpo esattamente in questo momento, mentre leggi questo articolo? Come sono le spalle? Sollevate o abbassate? E il respiro? E’ profondo e completo o superficiale e ridotto?
E’ anche questo un modo per fermarsi, interrompere l’esecuzione di automatismi, rompere gli schemi in un certo senso ed iniziare a prendere consapevolezza del momento che viviamo, in ogni momento.
Scegliere come agire in ogni momento nella quotidianità e fare della presenza mentale una pratica costante, come ci insegna Thich Nhat Hanh nel suo libro dal titolo “Il miracolo della presenza mentale”.
Sono diverse le strategie che possiamo mettere in campo per raggiungere questo obiettivo iniziando già oggi.
Iniziare la pratica di discipline che favoriscono la connessione mente-corpo come il qi gong o, in altri ambiti, lo yoga o la bioenergetica o anche della meditazione e della presenza mentale.
L’attenzione al respiro è uno degli aspetti su cui ti invito a concentrarti per recuperare la tua centratura.
Attenzione al respiro che non significa, però, giudizio, ma semplicemente significa vivere con semplicità e senza giudizio il nostro respiro, nella presenza del momento.
Osservare il respiro (profondo o superficiale? Lento o veloce? Fluido o interrotto? Facile o difficile?), osservare il corpo (ci sono tensioni? Ci sono dolori o sensazioni di rigidità?), osservare le nostre emozioni (come mi sento? Quale emozione domina in questo momento nel mio cuore? Di cosa sento di avere bisogno nella mia vita?)
Il tutto semplicemente sentendo il momento presente e svuotando la mente da ogni altro pensiero.
Il respiro connette il corpo e la mente, ci mette in contatto con noi stessi, o meglio con la parte più autentica e vitale di noi stessi.
Connettersi al respiro è tornare alla parte più istintuale e meno mediata di noi stessi. Avvicinarsi ad essa con curiosità e gentilezza e stringerle le mani. Nella consapevolezza che non è mai troppo tardi per incontrare se stessi.
ciao Laura sono Nicola ho un blocco energetico e. non sono centrato.cosa mi consigli di fare?
Ciao Nicola grazie per la tua fiducia ma non so dirti a distanza, senza conoscerti. Se il problema è la “centratura” sicuramente può aiutarti praticare qi gong, taiji e meditazione. Tutto poi va visto di persona in persona. Saluti