Il cambiamento è una costante nella nostra vita. Non ne abbiamo consapevolezza, forse, ma ogni giorno, anzi, ogni momento, noi cambiamo.
La vita è trasformazione continua, crescita, maturazione.
Ogni momento diverso dagli altri, unico ed irripetibile.
Tutto scorre, tutto diviene. Il concetto filosofico del panta rei
Intorno al 500 avanti Cristo, Eraclito espresse proprio il pensiero della trasformazione continua offrendo uno dei concetti filosofici più importanti sull’esistenza.
La metafora più significativa del suo pensiero sul divenire è che
non è possibile entrare due volte nello stesso fiume perché il fiume non è mai lo stesso, ed egli non è lo stesso uomo
In una parola: tutto scorre, ovvero, panta rei.
Stare nel flusso. Il cambiamento come risposta adattiva
Se è vero che il cambiamento rappresenta una condizione naturale, è anche vero che nella nostra vita umana il cambiamento può assumere un significato di grande impatto.
Cambiare significa necessariamente andare verso l’ignoto, lasciare il certo per l’incerto.
Cambiare significa abbandonare la propria zona di comfort, abbandonare un’abitudine o crearne una nuova.
Il cambiamento può arrivare come risposta ad un evento esterno, come conseguenza inevitabile di fronte ad una evoluzione di eventi (per esempio dover cercare un nuovo lavoro, dover cambiare casa…).
Altre volte il cambiamento arriva per così dire “dall’interno”, come risposta ad un disagio, spesso associato ad un momento di grande malessere (non “sentirsi” più bene in un certo contesto, con una determinata compagnia…) che richiede attenzione.
In questo caso, il cambiamento è la risposta adattiva (quindi fisiologica) ad una situazione che definiamo “situazione di crisi”.
La crisi, a sua volta, altro non è che un messaggio molto chiaro: siamo arrivati ad un punto in cui è indispensabile cercare soluzioni adattive a situazioni che non possiamo più tollerare.
La crisi ci dice che è necessario mettere in discussione, rivedere le priorità, decidere cosa tenere e cosa lasciar andare.
La crisi, certo, genera stress (del resto, se così non fosse, non sceglieremmo il cambiamento ma resteremmo nella nostra zona di comfort). A causa di questo stress, la crisi è vista come qualcosa di negativo.
La crisi è, però, al tempo stesso, l’occasione che ci costringe a ricercare una nuova condizione, che costringe ad una specie di “reset del sistema” indispensabile per ricominciare una nuova crescita.
La crisi, in sostanza, è data dalla nostra resistenza al cambiamento.
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Adattamento continuo e continui inizi
Vista in questo modo, è come se la nostra vita fosse virtualmente una lunga serie di cambiamenti e nuovi inizi.
Ogni nuovo inizio è dato dalla nostra capacità di adattarci e di modificarci in funzione delle nostre esigenze più profonde (e a volte inconsapevoli) che ci “pungolano” al fine di essere percepite e soddisfatte.
Ogni nuovo inizio può essere risultato di un processo dal lungo compimento, oppure può essere il risultato di una “tempesta” che stravolge da un giorno all’altro i piani e la struttura della nostra vita.
In ogni caso, ogni inizio ci offre un foglio bianco tutto da scrivere.
La teoria del cambiamento in medicina cinese
Dal punto di vista cinese, il cambiamento coincide con l’idea di flessibilità e fluire che si contrappone, concettualmente alla rigidità e alla stasi.
Nella concezione cinese, il cambiamento ha un ruolo determinante ed è nell’eterno alternarsi tra lo yin e lo yang, origine della vita e della nostra stessa esistenza di uomini.
L’attenzione antica per la natura e il contatto diretto con essa, hanno condotto i cinesi ad una comprensione intuitiva quanto profonda del suo aspetto mutevole.
La ciclicità dei fenomeni (l’alternarsi del giorno e della notte, delle stagioni…) e la continua trasformazione hanno da sempre costituito punti di riferimento per il pensiero cinese tanto da fare del mutamento un vero e proprio perno.
L’uomo è inserito nei movimenti naturali dell’energia dell’universo, in connessione profonda con l’ambiente in cui è inserito e con cui scambia costantemente energia.
La vita diventa mutamento continuo e l’uomo ha, come fine più alto, quello di vivere in armonia con il mutamento stesso.
Mutamento, ovvero cambiamento.
La resistenza al cambiamento si associa a rigidità, difficoltà e stasi. Questi, nell’organismo umano, creano i presupposti per una disarmonia che può esprimersi tanto a livello fisico quanto a livello psichico e può manifestarsi con quella che in occidente chiamiamo “malattia”.
La resistenza al cambiamento
Se il cambiamento è armonia e flessibilità, perché l’uomo, per sua natura, è tutt’altro che incline al cambiamento?
La prima legge della dinamica (o principio d’inerzia) enunciata da Newton afferma che
un corpo tende a mantenere il proprio stato di quiete o di moto rettilineo uniforme fino a quando non intervengono cause esterne a sollecitarlo.
Così come ci insegna la medicina cinese, l’uomo risponde delle stesse leggi della natura. E, infatti, questo principio è, in un certo senso, valido tanto in fisica – per una sfera appoggiata su un piano – quanto nell’ambito psico-sociale, per l’uomo.
L’uomo tende, infatti, generalmente a vivere mantenendo il proprio stato (la propria condizione), a meno che non intervengano fattori esterni a sollecitarne l’azione (o addirittura causarla in modo ineluttabile).
Ciò avviene, paradossalmente, anche quando la condizione non è gradita e, magari, genera quotidiana frustrazione.
Un partner che si è smesso di amare da molto tempo ma col quale si continua a vivere con indifferenza (se non con astio) giorno dopo giorno; un luogo di lavoro mal tollerato ma al quale non si è mai voluto cercare alternativa; un quartiere o un’abitazione che si sentono “scomodi” o ostili ma nei quali si persiste a vivere… tutti questi sono solo alcuni dei mille esempi possibili.
Situazioni in cui prevale la rassegnazione e la sopportazione, in cui la paura di fronte all’incognita del nuovo blocca, a volte anche al caro prezzo della propria serenità e realizzazione personale.
Situazioni in cui prevale la resistenza al cambiamento.
Accettazione come chiave per il cambiamento
Dal punto di vista cinese, la chiave del cambiamento è nel concetto di accettazione.
E’ un concetto difficile da comprendere con lo schema mentale occidentale, in quanto siamo abituati a considerare l’accettazione come fosse un sinonimo di resa, rassegnazione.
Al contrario, l’accettazione in chiave cinese è tutt’altro che rassegnazione.
Supponiamo di vivere una situazione che non desideriamo o che non è come dovrebbe (secondo noi) essere.
Di fronte a questa situazione abbiamo due vie principali (oltre alla mera rassegnazione):
- accettare e cambiare noi stessi, fluendo in armonia con il divenire della vita
- opporsi, resistere e cambiare (cercare di cambiare) gli eventi della vita che non corrispondono ai nostri desideri e progetti
La nostra mentalità occidentale è molto orientata alla seconda via: opporre forza agli eventi che non desideriamo.
Ciò nasce dal fatto che siamo culturalmente abituati ad agire per modificare l’ambiente esterno secondo le nostre necessità.
Ma cambiare gli eventi della vita non è la stessa cosa che cambiare le condizioni ambientali per renderle più favorevoli.
Ostinarsi nel cambiare gli eventi della nostra vita, nella speranza di farli corrispondere esattamente ai nostri desideri, può impegnarci moltissimo e può non concludersi con un successo (“doveva proprio andare così” “non c’è stato niente da fare”…).
Il problema più grande si pone, poi, quando si sceglie questa seconda via e si resta aggrappati ad un’idea o ad una situazione che non sia oggettivamente ha la possibilità di cambiare. A volte questa situazione appartiene addirittura al passato e si vive una lotta ostinata contro qualcosa che “non è” più.
La mentalità cinese è orientata, invece, alla prima via, l’accettazione.
Accettare come sinonimo di accogliere ciò che accade in una dimensione più ampia della nostra visione personale, pensando che le cose accadono per noi, anche se non le desideriamo.
Ciò implica, naturalmente, anche essere consapevoli di non poter cogliere il loro reale significato.
Non ci è possibile, infatti, comprendere appieno la portata di un cambiamento.
L’impatto di un cambiamento può essere a breve, a medio o a lungo termine. Gli effetti di un cambiamento possono arrivare anche decine di anni dopo l’evento di cambiamento stesso.
Quale potere abbiamo, del resto, di comprendere il percorso complessivo dei fatti della nostra vita?
Come possiamo comprendere il ruolo che il nostro tassello ha nel comporre il mosaico dell’universo?
Ma allora non bisogna fare progetti nella vita?
Possiamo partire da una considerazione generale: il cambiamento non dipende esclusivamente da noi.
I più grandi cambiamenti della nostra vita, anzi, accadono in modo inaspettato, spezzano una routine.
Arrivano mentre siamo “impegnati a fare altro” e mettono in subbuglio la nostra vita.
Per questo li consideriamo estremamente fastidiosi e dannosi… ma, sotto sotto, gli avvenimenti inaspettati sono il punto forte della nostra vita.
Avere dei progetti è importante; ci consente di utilizzare le nostre capacità e sviluppare le nostre abilità.
La capacità di progettare in medicina cinese è connessa al Fegato, quindi all’energia della nascita, della primavera, del Vento (che muove e cambia sempre caratteristiche e direzione). E’ l’energia prorompente e vitale del Legno che arricchisce la vita di ognuno di noi.
Ma fare progetti non dovrebbe significare fare “schemi” e restare rigidi in questi schemi.
Il nostro processo di realizzazione più profonda come persone è, in realtà, un processo che non possiamo conoscere, anche se pensiamo il contrario.
Nonostante i nostri progetti, la vita procede per la sua via. Il “suo” progetto non sempre coincide con il nostro e a volte ci sono eventi, incontri, situazioni che stravolgono i nostri piani.
Questi eventi ci indicano una via diversa, ci mostrano un altro percorso.
Quando però siamo concentrati su quello che noi “vogliamo per noi”, queste vie alternative non le vediamo affatto.
Rischiamo in questo modo di non cogliere opportunità, restare bloccati nel nostro progetto e nel nostro schema mentale che limita le nostre possibilità reali.
Come fare quindi?
La parola-chiave è: presenza.
Essere presenti a ciò che accade. Osservare quello che accade con la “mente vuota”, con la mente di un bambino che osserva per la prima volta, ovvero che osserva non in modo mediato dall’esperienza.
Scrollare le preoccupazioni e le opinioni, aprire il cuore, accogliere gli eventi che ci invitano a modificare il progetto iniziale.
Quando il progetto è rigido, legato al passato o al futuro, si ignora ogni segnale e opportunità che non risponde al progetto e la realizzazione personale può risentire pesantemente.
Un progetto non flessibile è come un legno secco. Non è nutrito ed è destinato a spezzarsi.
Accettare e lasciar andare
Fluire in modo naturale con gli eventi della vita, lasciare che le cose accadano, senza attrito, senza resistenza.
Lasciare che ogni momento porti il proprio messaggio e poi lasci di nuovo vuota la mente, dando spazio al momento successivo, senza trattenere pesi inutili.
Imparare a lasciar andare è certo cosa non semplice nella nostra cultura. Nel frattempo, sempre più spesso però si parla di resilienza, ovvero dell’arte di accogliere una situazione (apparentemente) negativa come occasione per attuare un cambiamento in grado di migliorare la nostra vita.
Questa è una qualità tipica nelle piante le quali, bloccate con le loro radici nel terreno, non possono cambiare l’ambiente che le circonda ma possono solo adattarsi modificandosi.
Nella nostra quotidianità possiamo trovare mille occasioni potenzialmente ideali per allenarci.
Nel traffico, quando siamo in macchina, in coda al supermercato, davanti al computer che decide di fare un aggiornamento del software proprio quando a noi serve di usare un determinato programma… Sono tante le situazioni in cui sentiamo dentro di noi disagio, frustrazione, ansia, stress…. e in cui possiamo allenare la mente ad essere meno reattiva, lasciando che la tensione fluisca.
Il ruolo della meditazione nel cambiamento
Il cambiamento richiede il distacco. Distacco soprattutto dalle abitudini, da qualcosa di consueto e confortante.
La meditazione può aiutare a scendere in profondità e riconnetterti con te stesso, con i tuoi desideri e le tue paure, favorendo un percorso di consapevolezza.
Chi sei? Cosa ti rende felice? Cosa ti rende triste o frustrato? Cosa vorresti per te?
Queste domande sono importanti perché il cambiamento va visto come mezzo e non come fine.
Il cambiamento costante è, infatti, il più alto tentativo di avvicinarci alla nostra natura più profonda ed esprimere nel corso della nostra vita la nostra “missione”.
Sta a noi sentire il cambiamento come una minaccia o un’opportunità; come morte o come una seconda occasione di vita.
La nostra vita ha senso nel divenire, nell’evoluzione.
Nasciamo nel divenire. Il bambino è immaturo, deve evolvere… questo nella nostra quotidianità di adulti è cambiare abitudini, città, frequentazioni…
Se la vita è sempre uguale, ogni anno si ripete come l’altro, ogni giorno come l’altro, allora c’è qualcosa che non va.
Si è probabilmente creato un circolo vizioso. Siamo come un criceto che corre sulla ruota.
La realtà è fluida, incerta e, proprio per questo, “aperta” alle infinite possibilità della mutevolezza.
E tu, che hai appena finito di leggere questo articolo, sii consapevole che non sei più lo stesso di quando lo hai iniziato.
La trasformazione è un processo inevitabile.
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Bellissimo articolo . Profondo . Illuminante in un momento in cui sto affrontando un grosso cambiamento , anzi una trasformazione
Sono felice che si arrivato nella tua vita nel momento giusto. Un abbraccio
Bellissimo articolo ,avere un’idea più ampia di cosa può essere il
Cambiamento partendo da noi stessi può aiutare a nn irrigidirsi verso esso stesso ma fluire e lasciare che la luce penetri .
bellissimo pensiero Rosalba. Grazie 🙂